martedì 5 agosto 2008

Contadi in contanti


Sono in debito con i gentili lettori del seguito del “documento preliminare per gli indirizzi politici per la formazione del piano strutturale”.
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Quella specie di preliminare per la grande orgia del nuovo piano strutturale che la maggioranza vuol approvare a fine mandato per ragioni ignote (alcuni possono ipotizzare che si debba accontentare qualcuno).

Dopo il “potenziamento degli assi trasversali” e la valorizzazione del “villaggio industriale di San Carlo”, il documento prende in esame un “fenomeno” sanvincenzino: la “città diffusa”.

Dicesi città diffusa il fenomeno di trasformazione dei suoli agricoli immediatamente posti a ridosso della città che ne ha snaturato i caratteri propri della ruralità”. Infatti “abbiamo assistito al proliferare di fenomeni edificatori che sempre più hanno prodotto la dilatazione del costruito, senza regole precise e programmate, nella campagna”.

È il caso di dire: Fenomenali! Questi fenomeni come li chiama ora la maggioranza, che da quattro anni rilascia centinaia di permessi di contruire nelle campagne che perdono “i caratteri propri della ruralità”, si chiamano DIA, Permessi di costruire, Concessioni edilizie, insomma si chiamano l’Amministrazione Biagi.

A fine mandato Biagi scopre che l’attività edilizia a San Vincenzo è del tutto fuori controllo tanto che si ammette candidamente che si è “costruito senza regole precise e programmate nella campagna". Quello che noi poveri tapini diciamo da anni sempre scherniti, spesso con poco stile, in Consiglio Comunale dai vari assessori succedutisi all’urbanistica che rivendicavano fieramente l’attività di controllo e pianificazione poste in essere dal Comune.

Ma di chi diamine è la responsabilità se si è completamente perso il controllo dell’attività edilizia? La risposta è lapalissiana ma che i controllori di oggi e di ieri alzino al cielo le manine ancora impastate di calcina dicendo “mammina aiuto mi sono cementato i piedi” è decisamente squallido.

L’amministrazione che ha provocato il disastro ed ora lo denuncia indignata come pensa di rimediare? Ora cari lettori potreste non credere ai vostri occhi. Ricordatevi da chi siamo Amministrati e, se non ci credete ancora potete trovare l’intero documento nella ricerca atti del sito del Comune (delibera Consiglio Comunale n 55 del 23/6/2008).

Come rimediare, dicevamo. Oltre alle solite sciocchezze sulla ricompattazione e riconnessione (in questo caso dei “tessuti di margine attraverso una specifica gerarchia formale e funzionale di valori urbani”) l’idea è la seguente:

“Nel modello storico erano le mura di difesa dell’abitato e le porte di ingresso allo stesso che costituivano il limite fisico tra la città e la campagna.
Con il nuovo Piano Strutturale ci vogliamo assegnare il compito di progettare il tracciato virtuale delle mura di San Vincenzo affinché si arrivi ad una riorganizzazione del territorio secondo la valorizzazione delle diverse identità urbane e rurali. Senza intrusione di componenti diverse fra loro e senza quella confusione di ruoli, generatrice di degrado e disordine morfologico.
[..]
Nello specifico, insieme alla progettazione del nuovo, invalicabile, perimetro murario della “città” che la distingua e la separi dal “contado”, tra gli indirizzi preliminari da perseguire per la riorganizzazione funzionale dell’intero sistema insediativo pensiamo sia necessario approfondire gli aspetti legati ai seguenti temi:
Il mantenimento, la valorizzazione e la esaltazione dei tessuti e dei luoghi che presentano una specifica identità e che contribuiscono alla connotazione dei caratteri urbani della città. (ecc…)”

Dunque gente, l’idea è questa: mura virtuali che distinguano la città dal “contado”. Avete letto bene, proprio dal “contado”. Non importa se si è arrivati in ritardo di circa cinquecento anni con il lessico, tutto fa brodo in un allegro documento come quello in esame purché sia dimostrato che non serva a niente.

Infatti queste mura virtuali, così poetiche e ridicole al contempo, ci sono già e si chiamano, molto più modestamente, LIMITI URBANI. Il problema della città diffusa s’è verificato nonostante le mura virtuali e nonostante l’Amministrazione proprio non volesse (tant’è che pare esserne vivamente dispiaciuta).

Allora che fare? Basterebbe dichiarare le zone del paese che non si vogliono sottoporre a speculazioni indegne NON edificabili ma questo nel documento manca (sarà un caso?) come manca un preciso impegno per una rigida tutela del verde urbano residuo. Anzi, tra un’invenzione giocosa ed una seria minaccia di speculazione nel documento c’è persino scritto come si vuole valorizzare il tessuto urbano:

“In primo luogo attraverso la valorizzazione anche degli spazi del verde urbano, che in una logica della ricompattazione del tessuto edilizio, non solo non dovranno essere oggetto di indiscriminata occupazione edilizia, ma dovranno, viceversa essere valorizzati con la loro riorganizzazione funzionale in un sistema complessivo di luoghi pubblici e di relazione.”

Dunque nessuna massiccia occupazione edilizia del verde urbano, solo una normale azione di edificazione che li cancelli dal territorio, come avvenuto fino ad oggi come avverrà da domani. Sempre nel segno della qualità, della valorizzazione e della bellezza. L’importante è che tutto rimanga come oggi, che si possa costruire ovunque e che si possa disporre del territorio come si fa con gli zerbini. Se poi qualcuno protesterà si potrà sempre dire che si è trattato di un “fenomeno” che, in buona fede beninteso, non siamo riusciti a contenere.

Fanno meno tristezza i fenomeni da baraccone.

BerN