Mi si dirà che quanto riporterò qui sotto non c’entra nulla con San Vincenzo. È vero solo in parte.
La cultura o subcultura o a-cultura, ciascuno si senta libero di chiamarla come vuole, dominante e diffusa, o forse semplicemente il “senso comune” che impera in tutt’Italia, non fa bene neppure a chi cerca di fare politica, seppure a livello locale, ispirandosi a determinati valori.
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Se non prestiamo attenzione alle metamorfosi della società e guardiamo soltanto alle inqualificabili azioni dell’Amministrazione Biagi diamo – innanzi tutto – troppa importanza a Biagi e i suoi, e rischiamo l’incomunicabilità con la cittadinanza.
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Ieri il giornalista (uomo) che ha condotto il TG5 delle 13:00, introducendo la notizia della scoperta di una tribù in Amazzonia, ha spiegato che questi “indios non hanno mai visto un uomo”.
Avete letto bene. Quegli indios non hanno mai visto l’uomo… saranno tutte donne... e come hanno fatto a…
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Queste circostanze sono preziose perché permettono a noi, uomini, di capire quale proiezione culturale abbiamo della nostra cultura e società. In questi lapsus emerge chiaramente entro quali confini ricada la dialettica del confronto fra civiltà (e fra generi).
Penserete che questo indecoroso scivolone sia isolato. Errore.
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Ecco cosa si scrive nell’articolo dell’ANSA che potete leggere sullo stesso sito: “Si calcola che alle sorgenti del fiume Envira, nello stato brasiliano dell'Acre, vivano circa 250 indios che mai hanno avuto contatti con l'uomo bianco”.
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Per l’ANSA dunque questi indios avrebbero sì visto degli uomini ma mai bianchi. E neri? E gialli? È significativo che l’ANSA non pensi al fatto che una tribù che vive nell’Amazzonia non abbia mai visto un nigeriano piuttosto che un cinese o un guatemalteca. Si fa presente che non ha mai visto l’uomo bianco. Su cosa sia l’uomo bianco c’è e ci sarà ampio dibattito. Gioverà ricordare che, nella seconda metà dell’ottocento, negli USA, i migranti italiani non erano affatto considerati bianchi. Bianco non è un colore ma una definizione culturale in evoluzione che ha un radicamento ed una ragion d’essere solo in un modo razzista di spiegare la realtà e la diversità (razza bianca, razza rossa, razza nera…).
Insomma, se credere che gli indios non abbiano mai visto l’uomo è un buco, precisare che non hanno mai visto l’uomo bianco è una toppa peggiore del buco.
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Ma c’è di peggio. TGCOM titola senza pudore: “tribù lancia frecce ad un aereo”. Ecco spiattellato il mito, che si riteneva desueto, del selvaggio ingenuo (sorvoliamo sull’ingenuità di chi si ritrova Bondi Ministro della cultura o di chi ha creduto che il porto di San Vincenzo non avrebbe provocato erosione). Nell’articolo si ha poi la cortesia di precisare che “queste tribù vivono nei luoghi più remoti della terra, in regioni inesplorate, in cui la civiltà non è riuscita ad arrivare”.
Tribù e luoghi incivili dunque. Luoghi da rifuggire o, molto meglio, da INCIVILIRE.
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Infine in questa rassegna che mi sono sentito in dovere di offrirvi, non può mancare il magistrale pezzo di Repubblica.it.
Vediamo chi sono “loro” e chi siamo “noi” secondo un giornale di “sinistra”.
Noi saremmo gli “uomini industrializzati” (qualcuno mi spieghi cos'è un uomo industrializzato, per favore). Certamente mentre noi abbiamo bisogno di bravi psicoanalisti, la “tribù degli uomini rossi”, come la definisce il giornalista Bignami, può farne a meno.
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Loro sono… INDIANI. Indiani? Siamo sicuri? Di Calcutta? Di Bombay? Indiani di dove? Repubblica.it tuttavia ci tiene ad essere precisa e, dopo aver riportato la relazione della fondazione che ha fotografato la tribù che nota come gli "abitanti sono guerrieri forti e in buona salute” aggiunge quanto segue: “In realtà in un'immagine si vedono dei giovani uomini completamente dipinti di rosso che lanciano frecce con dei grossi archi verso l'aereo, mentre altri stanno a guardare.”
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Insomma altro che guerrieri forti ed in buona salute! In realtà “loro” sono una tribù di sciocchi arcieri e fannulloni beoti. Invece “noi”, gli uomini bianchi, gli uomini industrializzati, i civili o più semplicemente gli uomini... Ma, a proposito, noi chi?