
Siamo arrivati. La speculazione edilizia di Rimigliano va in Consiglio Comunale per una prima approvazione. La Tenuta sarà devastata ma sul Tirreno compare un articolo che parla di salvaguardia ambientale e mutamento di 360 gradi rispetto alla vecchia previsione.
Ci saranno meno camere d’albergo (450 posti letto in meno) ma più seconde case da 12500 mq a 17000 con 5000 mq di nuove costruzioni attorno a tutti i poderi. Col vecchio piano la speculazione edilizia era concentrata in 20 ettari, ora, con un po’ di sconto sui volumi, viene sparpagliata in tutta la Tenuta.
Cosa ci sarebbe di rispettoso dell’ambiente in questo piano? Si arriva a permettere e suggerire al privato di introdurre vaste coltivazioni “no-food” al posto dell’agricoltura, quella vera che crea lavoro e mantiene i caratteri paesaggistici e culturali di un territorio. Nel programma di Biagi si parlava del carciofo violetto, oggi siamo passati alla colza ogm da bruciare con un drammatico cambiamento culturale e paesaggistico.
Inoltre la variante al Piano Strutturale non dà neppure un limite all’edificazione. Non c’è scritto di quanti metri quadri può essere costruito l’albergo, non c’è un limite al numero di persone che il nuovo villaggio Rimigliano potrà contenere. Così il privato può fare quello che gli pare e il territorio, cioè l’interesse pubblico, ne paga le conseguenze.
Torniamo a ripetere che l’unica soluzione compatibile con l’economia, l’ambiente e il tessuto sociale è quella del recupero del solo patrimonio edilizio esistente, ovvero 12.500 mq, per fini agricoli e agrituristici e del rilancio dell’agricoltura, quella vera.
La soluzione prospettata dalla variante è da respingere al mittente così come era da respingere il progetto dell’albergone. Certo che la cittadinanza, che dovrebbe e potrebbe respingerla, non è mai stata ascoltata e viene oggi convocata in assemblea quando tutto è già scritto tanto per fare propaganda (siamo già in campagna elettorale) all’ospite di turno.
Insomma sia nel merito che nel metodo questo piano è il figliolo cattivo dell’altro, è altrettanto insostenibile e come l’altro viene fatto digerire come il non plus ultra della sostenibilità dello scrupolo ambientale e della compatibilità economica e sociale con il territorio. Ormai questi giochini non fanno nemmeno più ridere.